IN MEMORIA DI GUIDO BAZZANO
La mia pescadi Guido Bazzano
Nacqui prima della guerra nel 1923 ed ebbi modo di conoscere e praticare lo spinning dall’età di tredici anni , quando in mulinelli erano a bobina rotante ed incominciavano a fare capolino i primi mulinelli a bobina fissa.
Allora in una pianura padana incontaminata ti potevi imbattere in pescatori a spinning che invece del mulinello usavano il “telaietto” con una destrezza da giocolieri.
Avvezzi ad usare esche naturali erano un po’ increduli sul fatto che un pesce fosse tanto stupido da mordere in un pezzo di latta e come il vecchio leggendario “Mercu” (mercoledì) usavano legare un pezzo di pesce al cucchiaino affinché sentendo l’odore, i pesci fossero maggiormente indotti ad abboccare ( inconsciamente usavano le più moderne tecnologie di oggi che associano allo stimolo sonoro e visivo lo stimolo olfattivo, che rappresenta nei pesci ben più del 50% della massa cerebrale ).
“Mercu” reduce dalla guerra d’Africa era un uomo di media statura, asciutto, agilissimo e aveva un profilo da falco.
Penso vivesse sul fiume poiché solo lì lo incontravo.
La sua canna da lancio era in bambu naturale e agli anelli in filo di ferro aveva applicato degli isolanti elettrici in ceramica per guida filo, ed il suo mulinello era un telaietto in legno di 20 cm. per 30 che usava con una destrezza eccezionale.
“Mercu” usava soltanto il cucchiaino ondulante e la sua diffidenza verso gli artificiali lo indussero a legare con un filo invisibile nella parte interna del cucchiaio un pezzo di pesce onde poter rendere il boccone più appetibile.
D’estate andavo con i miei genitori per la villeggiatura in Val d’Aosta ove ebbi la fortuna di conoscere ed essere compagno di pesca di Monsieur Sinibaldi , un raffinatissimo pescatore Francese.
Questo signor Sinibaldi, che era un “croupier” al “Casino de la Vallèe”, si compiaceva istruirmi sui segreti delle trote del “Lys” e della Dora con la pesca pratica e con racconti di epiche pescate, così simpaticamente pieni di erre.
La cosa che più di ogni altra mi colpì, in questo vero campione, erano i preliminari, quasi un rito.
Prima di accingersi al lancio del cucchiaio raccoglieva un mazzetto di erbe odorose che tritava finemente ed indi buttava nella corrente esclamando : “voila l’aperitif” e aggiungeva ammicando al ragazzo che ero io: “così alle trote viene fame ed escono dalle loro tane per mangiare”.
Alle parole seguivano i fatti, poiché coi suoi trucchetti Monsieur Sinibaldi catturava sempre i più diffidenti e grossi esemplari della valle.
Questo illustre aulienta francese mi introdusse ai segreti dell’olfatto dei pesci, cosa che mi consentì, dopo una lunga sperimentazione la creazione del più sbalorditivo, sofisticato cucchiaino mai esistito: il cucchiaino “brumeggiatore” “ Crack”.
Negli stagni accadevano incontri con lucci grandi come coccodrilli e, dopo le piene di primavera se eri fortunato frequentatore del fiume, potevi vedere lo spettacolare, indimenticabile guizzo fuori dai correntoni più profondi del re del fiume: lo storione.
Vivendo in provincia, i cucchiaini da pesca erano introvabili, e me li realizzavo pazientemente da solo, appiattendo a martellate delle monete per gli ondulanti e realizzando le palette dei girevoli col lamierino delle latte da conserva.
Una visita coi genitori al mitico Ravizza allora in via Berchet a Milano, era il preludio al regalo di Natale.
Il nailon non esisteva e si usava il “gut” un monofilo rigido che doveva essere immerso a lungo in acqua prima di essere usato poiché asciutto era fragilissimo.
Il mio libro favorito era la prima edizione del “Il libro pratico del pescatore all’amo” di Angelo Bruni, un vero poeta e precussore della pesca moderna, indimenticabile maestro di tutti i pescatori sportivi della mia generazione.
Allora non c’erano diserbanti e pesticidi, l’acqua era così pura che i pescatori di professione usavano bere l’acqua del Po filtrandola attraverso l’ala del cappello di paglia che usavano d’estate, ed anche i più piccoli canali d’irrigazione erano zeppi di piccoli pesci.
Ricordo che una volta all’anno andavamo a vedere i pescatori di professione a Torre d’Isola, che con le reti a sbarramento, dette “stoppe”, arrivavano a catturare decine di quintali, tra cavedani, barbi, alose, pighi, ecc. in un solo giorno, una vera mattanza.
C’erano personaggi che parevano usciti da un libro di favole, come Giuseppe Lingua soprannominato per la rudezza del suo carattere e per il suo modo spiccio di risolvere le discussioni, col nome del celebre bandito: “ Musolino “.
Alto circa due metri con un magnifico barbone bianco pareva il nume tutelare del Po e aveva ottenuto i diritti di pesca sul Po ove appunto era l’omonima “lanca del Musolino”.
lo conobbi appunto lì alla “lanca” durante la guerra quando per inconvenienti bellici fui costretto ad una partita di pesca durata ben due anni.
Pescatore di professione da tre generazioni, conosceva perfettamente ogni buco, ogni ansa del Po da Casale a Piacenza.
Pur non avendo frequentato le scuole d’obbligo, non era un illetterato, ma un affascinante narratore e talvolta anche verseggiatore.
Due occhi maliziosi e una mimica facciale divertentissima animavano il suo rude bel vecchio volto, durante i lunghi racconti di avventure di pesca, di cronache, e fluviali tragedie.
Sotto il bel pergolato della sua centenaria baracca, nelle interminabili cene notturne, dopo abbondanti libagioni e bevute di ottimo vino (doveroso omaggio all’implacabile Musolino).
Il suo vocione tonante teneva allegra tutta la compagnia, lontane le zanzare, e dava anima i boschi della Lomellina, come il ruggito del leone anima la notte della giungla.
Musolino era un magnifico raffinato cuoco, ed il suo “risotto alla baciami subito” era veramente squisito, e indimenticabile.
Istintivamente educato e rispettoso verso il prossimo, si offendeva facilmente e accettava poco volentieri lo scherzo.
Ricordo di un pomeriggio, quando io e Deris Bo lo sfidammo, per zittirlo sulle critiche che faceva alla pesca col cucchiaino,ad una competizione di pesca al luccio.
Chi prende più lucci in un’ora.
Noi due con la canna contro Musolino con un tremaglio.
La fortuna fu dalla nostra parte e noi ci presentammo ad una tumultuante giuria che aggiudicò un risultato di sette a uno per noi.
Per mesi Musolino pur senza dire nulla fu freddino con me che avevo commesso il sacrilegio di sfidarlo a casa sua e umiliarlo vincendo.
Infantile, spontaneo, stupendo, non lo dimenticherò mai.
Nonostante le stragi , i pesci erano numerosissimi e di buona taglia, e non erano rari i cavedani di due o tre Kg.
Alla diga di Casale, ho assistito ad una indimenticabile cattura di una trota di nove Kg. allamata con una canna fissa da mosca alla piemontese lunga sei metri con una lenza di trecciola di coda di cavallo lunga dodici metri ed un finale di mosche artigianali su amo ad occhiello del n. 1.
L’incontro con Ferro artigiano astigiano fabbricante di cucchiaini fu una svolta decisiva della mia vita.
Ferro fu anche pescatore professionista di temoli in Ticino, temoli che catturava con la mosca e una lunga canna fissa.
Le sue esperienze di “ temolista “gli dettero l’idea, e fu il primo, di fare dei piccolissimi cucchiaini a imitazione degli insetti ed i suoi cucchiaini, nonostante una limitata produzioneartigianale, erano conosciutissimi e richiestissimi anche fuori Italia.
Ferro era il grande amico del compianto Mattei presidente dell’Eni; il grande uomo morto tragicamente col suo aereo che amava dire d’essere “un pescatore di professione che faceva il petroliere per hobby”.
Ferro aveva girato mezza Europa pescando con Mattei facendo numerose esperienze che amava raccontarmi mentre nel suo laboratorio artigianale montava cucchiaini o quando pescavamo affiancati in qualche rapida.
Il successo di Ferro e le lunghe discussioni con lui sul modo di realizzare e usare i cucchiaini, instaurò nella mia testa il tarlo di diventare fabbricante di cucchiaini, cosa che feci poi intorno al 1963 e che sviluppai con la nuova SocietàNetts.
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